Quando la capacità di ascolto rende la persona un leader

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L’ispirazione per questo articolo l’ha fornita una mia grande amica, coach per leader, che qualche giorno fa ha commentato sui social la prematura scomparsa del Maestro Ezio Bosso.

“io avevo la natura di fare il direttore d’orchestra. Avevo quel talento, che in realtà è una responsabilità. Dopodichè, io posso solo dire che è il mestiere più difficile e più bello del mondo.

Perchè richiede dieci volte lo sforzo degli altri, significa lavorare dieci volte di più, richiede un ascolto, e a volte dei sacrifici che possono essere dolorosi. E magari può accadere anche di essere giudicati male, per pregiudizio, trovarsi le porte chiuse. Non è facile”

Tanti capetti, pochi Maestri…. a me lascia una grande eredità sostenere i veri leader. Quelli che si assumono la responsabilità, quelli che non usano ma guidano.”

Comunicare non significa parlare ma ascoltare

Va riscoperto il valore dell’ascolto come base della capacità di comunicare.

Tutti noi conosciamo la massima che cita “Se un albero cade in una foresta fa rumore”

Ma se un albero cade in una foresta e non c’è nessuno ad ascoltarlo fa rumore lo stesso?

Il reale significato dell’ascolto.

Questa capacità, donataci dalla natura, può aprire  tante strade se ben utilizzata e ciò è di una potenza incredibile.

Parliamo di continuo, ma quanto riusciamo ad ascoltare?

Prendiamo ad esempio i format di dibattiti e talk show televisivi dove raramente si assiste a dibattiti pacati e di qualità.

Stiamo assistendo ormai da anni ad una deriva comunicativa preoccupante, tipica, sembra, dei paesi latini.

Dimostriamo una scarsa abitudine all’ascolto e l’origine non è di certo da ricercare solamente nella mancanza di rispetto verso le persone bensì certamente in una scarsa educazione all’ascolto, che ha le proprie origini dal contesto familiare e scolastico, oltre che sociale in cui fin da bambini siamo inseriti.

Socialità con una comunicazione a senso unico

L’incapacità all’ascolto sembra sia diventata lo standard del modo di comunicare, paradosso in un’era di continua connessione dovuta ai social e, post emergenza Covid19, alle numerose piattaforme di videoconferenza che hanno in un certo senso cercato di sopperire all’obbligo di distanziamento sociale e lavoro da remoto cui siamo stati sottoposti.

In molti, nel corso del lockdown (ci hanno insegnato a chiamare così le settimane di completa chiusura in casa), abbiamo trascorso giorni interi appiccicati allo schermo di portatili e tablet passando da una videoconferenza ad un altra, o, per dirla in maniera simpatica, facendo “una zoomata” dietro l’altra, pervasi, ed invasi, da un profondo desiderio di non rimanere isolati.

Tuttavia capita anche nei dialoghi fra amici e conoscenti: appena una persona manifesta una posizione, l’altro non chiede e non esprime interesse, ma immediatamente riporta la sua posizione o le sue esperienze.

Il parlarsi addosso, l’interrompersi a vicenda sembrano essere fenomeni normali, elementi che portano frustrazione nei rapporti, difficoltà di comprensione nel mondo del lavoro, ma anche nei rapporti di coppia, in famiglia e fra amici.

A livello sociale siamo di fronte, anche in ambienti culturalmente evoluti, alla diffusione di una cultura della competizione, che tra i suoi effetti positivi genera la motivazione al miglioramento delle capacità e delle competenze, ma anche la spinta alla prestazione a tutti i costi che può degenerare nel desiderio di rivalsa e annullamento dell’avversario.

Quando la ricerca del risultato è “a tutti i costi”.

E’ nelle società più evolute che prevale la ricerca del risultato a tutti i costi, a scapito del rispetto e della capacità di comprensione delle differenze dei punti di vista.

La comunicazione è spesso a senso unico e priva dell’ascolto; ciò genera il rallentamento della crescita della persona, limitando le capacità di arricchimento culturale che viene dall’apertura all’altro e dal confronto.

“Tanti capetti, pochi Maestri”. Ma veri leader ve ne sono, che si assumono le responsabilità, “non usano, ma guidano”.

I padroni della verità e depositari della conoscenza.

Nel mondo di oggi nessuno si può vantare di conoscere la verità, di qualunque campo o settore si tratti. Semplicemente perché la verità non esiste. Ovvero esistono tante verità diverse, in continuo e veloce cambiamento, frutto dell’evoluzione delle situazioni, dei mercati, delle condizioni, delle tecnologie, del pensiero.

Prendiamo l’esempio concreto del momento attuale, post emergenza. Ciò che era vero fino a qualche mese fa, non è più attuale nel periodo post emergenza Covid19, in cui sono cambiati tutti gli stereotipi del vivere.

Nessuno ha il diritto di sentirsi padrone della verità, nessuno può agire come depositario di una conoscenza scolpita nel marmo, e nessuno ha il diritto di imporre con la forza della voce o del carisma il suo pensiero agli altri.

L’ascolto è un valore da riscoprire alla base della capacità di comunicare

Va riscoperto il valore dell’ascolto come base della capacità di comunicare, il valore dell’umiltà, che presuppone autocritica costante, capacità di leggersi dentro, di mettersi in discussione.

I veri leader hanno un elemento comune: la capacità di ascoltare. 

Questi sono persone che potrebbero parlare per ore delle loro vite e dei loro risultati, ponendosi sopra tutti e tutto in ragione del loro successo, eppure quasi sempre si tratta di persone che preferiscono ascoltare piuttosto che parlare. 

Comunicare bene significa ascoltare bene

L’elemento che li accomuna è la curiosità, la voglia di conoscenza e di apprendimento, anche se apparentemente si potrebbe pensare non ne abbiano bisogno.

Comunicare non significa parlare ma ascoltare, comunicare bene significa anche saper ascoltare bene o per meglio dire sentire, collegare il cervello a ciò che le orecchie sentono.

Se qualcuno parla e nessuno ascolta non c’è comunicazione e l’albero del nostro indovinello filosofico cade invano.

Nella società, nelle organizzazioni, nelle imprese è necessaria la diffusione di un comportamento che sarebbe opportuno venisse insegnato nelle scuole come valore alla base delle relazioni sociali, diverso dalla comune situazione della maggior parte delle organizzazioni: mi riferisco al comportamento di ascolto e di apertura verso le differenze e verso posizioni e pensieri apparentemente lontani dalle proprie convinzioni.

Perché le convinzioni non generano crescita e sono destinate, prima o poi, ad essere smontate.

Ascolto come valore e base della capacità di comunicare

Va riscoperto il valore dell’ascolto come base della capacità di comunicare, il valore dell’umiltà, che presuppone autocritica costante, capacità di leggersi dentro, di mettersi in discussione. Emerge l’esigenza di «imparare ad ascoltare», di mettere «l’altro» al centro poichè nella scala delle priorità  i pareri diversi aiuterebbero ad apprendere e i diversi punti di vista porterebbero di certo arricchimento.

E non si tratta solo dell’esigenza di «rispettare il prossimo e le sue idee». Prevaricazione verbale, chiusura, presupponenza e arroganza dell’atteggiamento sono simboli di ignoranza e sottocultura, l’opposto di quello di cui tutti abbiamo bisogno; un’occasione mancata per crescere, per consentirci di evolverci nel senso più pieno e arricchente del termine.

Uno dei doni più grandi che possiamo fare a qualcuno è quello di ascoltarlo, perché l’ascolto cambia le relazioni.

Un albero che cade fa rumore, ma se ci soffermiamo ad ascoltare potremmo trovare sul nostro cammino anche una foresta che cresce.

Affidarsi ai propri collaboratori

La più grande preoccupazione dei leader e  manager di azienda è imbattersi in un periodo difficile, in una situazione imprevedibile che provochi un rallentamento, o peggio, ostacoli il normale flusso del business. La maggior parte delle aziende in questo momento storico si trova a vivere questa preoccupazione. 

Questa stessa situazione di emergenza ha portato le nostre aziende a fare un balzo in avanti di almeno cinque anni, se non dieci, a livello di sviluppo di nuove tecnologie.

Preoccupazione condivisibile perché abbiamo tanti esempi di imprese che nel giro di breve tempo hanno subito tracolli tali da espellerle dal mercato e altrettanti di aziende che, partendo dal nulla, hanno in breve raggiunto posizioni apicali, oscurando colossi che sembravano irraggiungibili.

Come prepararsi a questa evenienza? Come difendersi dalla concorrenza che fa ricorso sempre di più alla tecnologia per offrire prodotti e servizi in modo efficace, rapido ed economico?

L’unico sistema è che le organizzazioni si mantengano in perpetua evoluzione, cioè che non perdano mai di vista il mercato e siano aperte ad accogliere sul nascere le idee innovative.

Difficile ma non impossibile, perché la soluzione si trova già all’interno dell’organizzazione, peccato che molti, a livello dirigenziale, non se ne rendono conto.

La soluzione sono gli stessi collaboratori che vi lavorano, i quali, essendo quotidianamente a contatto con i sistemi di business, hanno il polso del mercato e sono i primi a poter suggerire idee buone per incrementare gli affari.

Il problema, però, è che troppo spesso questi stessi soggetti non collaborano, preferiscono non esprimere le loro idee, per una serie di motivi: per paura di sfidare lo status quo o sono talmente rassegnati che credono sia persino inutile provarci.

“La mia porta è sempre aperta”

A tutti i leader che sono soliti dire “la mia porta è sempre aperta” raccomando di verificare che non sia incastrata

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